La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 2060 del 3 febbraio 2016, si è pronunciata riguardo ad un avviso di accertamento che era stato emesso nei confronti di una società per azioni a seguito di contestazione dell’omessa contabilizzazione di componenti positive di reddito, corrispondenti a note di credito (che avevano determinato una diminuzione dei ricavi) emesse per sconti accordati ai clienti.
In particolare, la Cassazione ha confermato la pronuncia di secondo grado, riconoscendo la legittimità dell’avviso di accertamento.
Secondo la giurisprudenza della Cassazione in materia, infatti, il ricorso alla procedura della variazione, a seguito dell’applicazione di sconti o abbuoni, con la conseguente riduzione dell’ammontare imponibile, richiede il rispetto di due condizioni:
- che il cedente o il prestatore applichino al cessionario o al committente uno sconto sul prezzo di vendita;
- che tale riduzione del corrispettivo applicato al cliente sia frutto di un accordo, documentale o anche soltanto verbale, eventualmente anche successivo, purché provato da parte dei soggetti interessati. Il patto in questione deve essere indicato nella nota di credito emessa e deve essere allegata la causale che ha giustificato l’applicazione dello sconto.
Nel caso di specie, invece, nonostante le numerose richieste avanzate dai verbalizzanti in sede di verifica, la società contribuente non aveva fornito alcuna indicazione e prova riguardo ai criteri che sarebbero stati seguiti per determinare gli sconti ed extra sconti applicati ai clienti. La dimostrazione dell’avvenuta registrazione delle variazioni, dell’emissione delle note di credito e della registrazione delle schede contabili dei clienti non provava l’esistenza delle previsione contrattuale richiesta dalla normativa in materia.