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17 Luglio 2015

L’accertamento fondato sugli studi di settore è legittimo nonostante l’esistenza di circostanze anomale

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La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 14787 del 15 luglio 2015, ha affrontato una controversia relativa ad un avviso di accertamento notificato ad una società a responsabilità limitata, che svolgeva attività di elaborazione elettronica dei dati, con il quale, in applicazione degli studi di settore ed a seguito del riscontro di scostamenti reddituali tra i ricavi dichiarati e quelli puntuali, venivano rettificate le dichiarazioni Iva, Irpeg ed Irap della contribuente, con conseguente determinazione di un maggiore carico fiscale.

La Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, mentre la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto l’appello proposto dalla società contribuente.

In particolare, secondo la CTR, l’Amministrazione finanziaria non aveva provato la sussistenza di elementi a fondamento delle sue pretese, né aveva voluto esaminare la situazione concreta. Infatti, si era verificato un gravissimo incidente al figlio dell’amministratore unico dell’azienda che lavorava all’interno di essa, evento che era risultato disastroso ed anomalo e, secondo i Giudici d’appello, avrebbe giustificato un’attenta revisione della situazione della contribuente.

Secondo la CTR, infatti, la situazione che si era verificata a seguito dell’incidente non rientrava nelle condizioni di normale attività della contribuente, in presenza delle quali risulta legittimo l’accertamento fondato sugli studi di settore.

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire il principio secondo il quale i parametri o gli studi di settore rivelano dei valori che, quando eccedono quanto dichiarato dal contribuente, integrano il presupposto per l’esercizio legittimo da parte dell’ufficio dell’Amministrazione finanziaria dell’accertamento analitico-induttivo.

Fermo restando che il procedimento per l’accertamento richiede obbligatoriamente l’attivazione del contraddittorio con il contribuente, l’Amministrazione finanziaria non è tenuta ad assolvere nessun ulteriore onere probatorio per dimostrare la legittimità della propria pretesa.

La Suprema Corte ha, quindi, concluso per la cassazione della pronuncia impugnata dall’Agenzia delle Entrate ed ha rinviato alla Commissione Tributaria Regionale in altra composizione per il riesame della controversia alla luce dei corretti principi di diritto in materia.

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