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23 Giugno 2017

Contratto di rete agricolo: tutti i chiarimenti sugli aspetti fiscali

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Sono state sottoposte all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, con una richiesta di consulenza giuridica, una serie di questioni relative ai contratti di rete e, in particolare, ai contratti di rete conclusi tra imprese agricole.

L’istante ha richiamato la disposizione del Decreto Legge n. 91 del 24 giugno 2014 che prevede, per le imprese agricole piccole e medie, nei contratti di rete formati esclusivamente da imprese agricole singole ed associate, che la produzione agricola derivante dall’esercizio in comune dell’attività possa essere divisa tra i contraenti, in natura, con l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota del prodotto che è stata convenuta nel contratto di rete.

I chiarimenti richiesti all’Agenzia delle Entrate riguardano gli aspetti fiscali del contratto di rete agricolo alla luce soprattutto di tale disposizione.

L’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 75 del 21 giugno 2017, ha, in primo luogo, rilevato che il contratto di rete agricolo, dal punto di vista soggettivo, deve essere formato da sole imprese agricole singole o associate, definite come piccole o medie (ossia quelle imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di Euro o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di Euro).

Possono, quindi, partecipare ad un contratto di rete agricolo anche gli imprenditori che esercitano la propria attività in forma collettiva, ad esempio attraverso una società di persone o di capitali o una cooperativa.

Per quanto riguarda il requisito oggettivo, la normativa in materia trova applicazione qualora le imprese agricole mettano in comune i fattori della produzione per il raggiungimento dello scopo comune indicato nel contratto di rete, ossia la realizzazione di una produzione agricola che favorisca la crescita imprenditoriale delle imprese partecipanti, in termini di innovazione e di competitività. Il programma di rete, quindi, deve essere finalizzato alla produzione.

Sulla base di un parere del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che l’acquisto della produzione agricola, a titolo originario, da parte dei partecipanti al contratto di rete agricolo deve essere subordinato alle seguenti condizioni:

  • tutti i singoli partecipanti alla rete devono svolgere attività agricole di base e le eventuali attività connesse non devono essere prevalenti e devono essere legate alle attività agricole da un rapporto di stretta complementarietà;
  • la messa in comune dei terreni deve essere obbligatoria e significativa per tutti i partecipanti al contratto di rete;
  • la partecipazione al conseguimento dell’obiettivo comune deve realizzarsi mediante apporti equivalenti e la condivisione di mezzi umani e tecnici, proporzionati alle potenzialità del terreno messo in comune, con divieto della possibilità di monetizzare le spettanze;
  • la divisione della produzione tra i partecipanti alla rete deve avvenire in maniera proporzionata al valore del contributo che ciascuno ha apportato alla realizzazione della produzione comune;
  • i prodotti non devono successivamente essere ceduti tra i partecipanti alla rete (questo tipo di rete, infatti, è finalizzato esclusivamente alla produzione).

Qualora ricorrano tutte le suddette condizioni, la divisione della produzione agricola tra i partecipanti al contratto di rete agricola non produce effetti traslativi tra le imprese, con le conseguenze che ne derivano riguardo alla non applicabilità dell’Iva. Anche le operazioni poste in essere al fine della realizzazione della produzione agricola non assumono rilevanza ai fini dell’Iva.

Riguardo all’applicabilità del regime speciale previsto dall’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, dopo la divisione, il singolo partecipante alla rete, che applica già il regime speciale e che cede a terzi i prodotti acquisiti a titolo originario con la divisione, può continuare ad applicare le percentuali di compensazione previste dal regime speciale.

Se, invece, le imprese agricole vanno oltre al contratto di rete agricolo (la cui sola funzione è, come detto, quella della ripartizione della produzione) e costituiscono una rete finalizzata alla vendita o danno comunque mandato ad una di esse (la capofila) per la vendita dei prodotti a terzi, se l’impresa capofila applica il regime speciale, essa può applicare le percentuali di compensazione in riferimento esclusivamente alle cessioni dei propri prodotti, mentre per le cessioni dei prodotti dei mandanti trovano applicazione le regole ordinarie di determinazione dell’Iva.

Per quanto riguarda le imposte dirette, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il contratto di rete agricolo può essere ricondotto nell’ambito dell’articolo 33, comma 2, del TUIR, ossia nell’ambito di applicazione di quella disposizione che prevede che, nei casi di conduzione associata, il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua spettanza.

A tal proposito, per determinare il reddito imputabile a ciascun partecipante alla rete, è necessario individuare un criterio di calcolo che tenga conto del reddito agrario di ciascun terreno che è stato messo in comune nella rete. Secondo l’Agenzia delle Entrate, un criterio ragionevole è rappresentato dalla somma dei redditi agrari dei diversi terreni messi in comune e dalla successiva ripartizione tra i partecipanti in base alle rispettive quote di spettanza previste nel contratto di rete. Pertanto, ciascuna impresa partecipante dovrà indicare, nella dichiarazione dei redditi, il reddito agrario di propria spettanza di ciascuno dei terreni messi in comune nella rete, facendo riferimento alla propria quota del prodotto indicata nel contratto di rete.

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