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14 Febbraio 2015

Benefici “prima casa”: la domanda di iscrizione anagrafica deve avere esito positivo affinché il contribuente possa dirsi residente nell’immobile acquistato

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La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 2181 del 6 febbraio 2015, ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate che aveva impugnato la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale con la quale, nel confermare la sentenza di primo grado, era stato accolto il ricorso dei contribuenti avverso l’avviso di liquidazione che aveva revocato i “benefici prima casa” e recuperato a tassazione la maggiore imposta di registro, oltre ad applicare le relative sanzioni.

In particolare, i contribuenti avevano acquistato un appartamento il 30 ottobre del 1993 e, nello stesso giorno, avevano presentato domanda di iscrizione anagrafica nel Comune nel quale era situato tale appartamento. A distanza di una decina di giorni, il Vigile accertatore aveva rilasciato un rapporto negativo e, così, i contribuenti avevano presentato, il primo dicembre del 1993, una nuova domanda di iscrizione anagrafica, che, questa volta, aveva avuto esito positivo.

L’Agenzia delle Entrate aveva affermato che, al momento dell’acquisto dell’immobile, i contribuenti non potevano ritenersi residenti nel Comune nel quale era ubicata la “prima casa”, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto nella pronuncia della Commissione Tributaria Regionale, non poteva ritenersi che la seconda domanda di trasferimento della residenza costituisse precisazione e reiterazione della prima domanda.

Secondo l’Amministrazione finanziaria, quindi, non era stata posta in essere una delle condizioni alle quali la legge subordinava, all’epoca (articolo 1, Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 26 aprile 1986) i “benefici prima casa”, e cioè quella per la quale le agevolazioni spettavano soltanto se al momento dell’acquisto il compratore fosse residente nel Comune di ubicazione dell’immobile.

La Cassazione ha evidenziato che, dalla ricostruzione dei fatti di causa, risultava che, al momento della prima verifica effettuata dai Vigili Urbani presso l’immobile, i contribuenti risultavano non avere ancora la propria dimora abituale nell’immobile medesimo da loro acquistato. Ciò in quanto, nell’abitazione, la Polizia Urbana aveva accertato che era ancora in corso il trasloco dei precedenti occupanti.

Da tale circostanza, è derivato che l’Ufficiale di Anagrafe del Comune non ha effettuato alcuna variazione di trasferimento della residenza dei contribuenti, riferibile alla data di acquisto dell’immobile. La variazione anagrafica è stata effettuata soltanto successivamente, a seguito della nuova dichiarazione che, questa volta, come rilevato dalla Polizia Urbana, corrispondeva alla realtà della dimora abituale.

La Cassazione ha, così, confermato che, al momento dell’acquisto della “prima casa”, la condizione del trasferimento della residenza non era stata ancora posta in essere ed i contribuenti non avevano, pertanto, diritto all’agevolazione.

Le spese di giudizio, anche in relazione al successivo sviluppo legislativo, sono state comunque compensate integralmente.

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